Il fantasma di Oiwa

Il fantasma di OiwaIl fantasma di Oiwa (1831-32 circa), di Katsushika Hokusai, Museum of Fine Arts, Boston

Accanto all’ambito della religione e della filosofia, anche nel mondo giapponese esiste un immaginario popolare che si alimenta di antichi miti e tradizioni legati alla sfera del magico, del fantastico, del mirabolante o dello spaventoso. Sono rimasta incuriosita nell’apprendere, ad esempio, che anche i giapponesi credono nei fantasmi (yūrei) e li immaginano, come nella rappresentazione occidentale, quali figure evanescenti, volanti, biancastre, dai contorni indefiniti e dalle variegate forme. Essi sono simili, ad esempio, a volute di fumo che escono da luoghi impensati o a ectoplasmi volanti dalle lunghe chiome, peculiarità, quest’ultima, della tradizione giapponese nella quale si credeva che i capelli continuassero a crescere anche dopo la morte.

Talora i fantasmi sono anche immaginati come degli spiriti che si nascondono dentro ad oggetti quotidiani, animandoli e conferendo loro l’aspetto di maschere mostruose. Ad esempio, nel fare delle riflessioni artistiche per Halloween, sono rimasta colpita dalla somiglianza della zucca di Halloween, di origine angloamericana, con questa lanterna animata di Hokusai che ospita il fantasma di Oiwa, stampa di genere fantastico (kaidan) facente parte della serie Cento racconti [di fantasmi] (Hyaku monogatari).

Il gusto di Hokusai per il fantasmagorico emerge già nella sua rappresentazione della natura, come abbiamo considerato a proposito della Grande onda di Kanagawa che sembrava dotata di artigli o delle Cascate il cui inquieto linearismo le rendeva quasi vive. Dall’idea religiosa della presenza del divino nelle cose si passa alla visione puramente fantastica, immaginifica delle cose come entità animate e dunque vive, dotate di uno spirito interno, di una volontà, di un carattere. Di qui all’invenzione del fumetto e del cartone animato, due generi molto popolari in Giappone che hanno esercitato grande attrattiva, proprio nella loro interpretazione giapponese, anche in Occidente, il passo è breve.

Il fumetto ad esempio è caratterizzato dall’antropomorfismo, cioè dall’attribuzione a cose o animali di tratti esteriori – nonché di pensieri, sentimenti ed emozioni – tipicamente umani, come possiamo vedere nella lanterna animata di Hokusai, dotata di occhi e bocca. Altra caratteristica del fumetto è la rappresentazione caricaturale che accentua le espressioni del viso per trasmettere sensazioni di gioia, sorpresa, dispiacere o paura: anche questo tratto è evidente negli occhi stralunati e nella bocca mostruosamente spalancata della lampada.

Sebbene Hokusai sia spesso considerato un ispiratore del fumetto giapponese, anche per via dei suoi manga (schizzi), questo genere deriva alcuni suoi caratteri dall’arte giapponese in generale e dalla corrente ukiyo-e in particolare. Infatti il fumetto si fonda sulla stilizzazione, cioè sulla resa sintetica dei tratti caratteristici dei volti e delle figure mediante l’uso di pochi e rapidi segni grafici, quali un semplice tratto per il naso o due archi per le sopracciglia: nei ritratti del periodo Edo ne abbiamo visti molti esempi. Ancora, fondamento del fumetto è il disegno che, come abbiamo avuto modo di considerare, è il fulcro dell’arte giapponese e, in particolare, delle stampe dell’ukiyo-e con il loro gusto per il linearismo e la tecnica consistente nell’uso della linea di contorno. Infine il fumetto attinge a piene mani a quel mondo del magico, del fantastico, dello straordinario e del terrificante che, come abbiamo visto, è presente anche nella tradizione culturale giapponese e rivela aspetti sorprendentemente simili al nostro immaginario.

fantasma II

L’immagine di copertina è stata tratta da: http://www.mfa.org/collections/object/the-ghost-of-oiwa-oiwa-san-from-the-series-one-hundred-ghost-stories-hyaku-monogatari-129277

L’immagine alla fine del testo, raffigurante uno yūrei in un ukiyo-e di Hokusai, è stata tratta da: https://it.wikipedia.org/wiki/Y%C5%ABrei