Piante e animali del Giappone: il susino

Animali e piante, in particolare il susino, sono motivi ricorrenti nell’arte giapponese (per approfondimenti v.: Maria Teresa Lattarulo, L’arte figurativa giapponese. Fiori, bellezze, visioni. 1400-2000, Progedit, Bari 2021, https://www.progedit.com/pro…/larte-figurativa-giapponese/ ); Maria Teresa Lattarulo, Luoghi famosi del Giappone. Viaggio attraverso l’arte, Progedit, Bari, 2023, https://www.progedit.com/prodotto/luoghi-famosi-del-giappone/  ).

Il fiore di susino, in Giappone, è il primo annuncio della primavera, segno di speranza e di rinnovamento. La dolce stagione, secondo la tradizione, iniziava a febbraio -secondo mese nel calendario gregoriano, primo in quello lunisolare -, con il nuovo anno: ed infatti il miracolo della rinascita fa sì che i rami spogli e nodosi dell’albero di susino o ume (appartenente alla varietà Prunus mume), fra inizio di febbraio e marzo, si ricoprano di tonde gemme. Esse, schiudendosi poco dopo, diventano piccoli fiori tondeggianti dai molti stami le cui tonalità vanno dal bianco al rosa al rosso scuro. Le foglie, ovali e seghettate, fra il rosso scuro e il viola, accolgono i petali che sono cinque, anche se esistono varietà con più petali. La forma di questi ultimi, poi, è rotonda, distinguendo il fiore di susino dal fiore di ciliegio o sakura che ha petali dall’estremità spaccata. Il contrasto fra il colore scuro del tronco e le delicate gradazioni dei fiori procura un notevole piacere estetico che è acuito dal contrappunto col bianco della neve. Gradevole è poi percepire il dolce e forte profumo che i fiori spandono intorno a sé.

Non c’è da meravigliarsi se questo fiore, prima del ciliegio, abbia ispirato la poesia (nel Manyōshū sono numerosissimi i versi a esso dedicati) e l’arte e sia stato oggetto di hanami presso il ceto aristocratico. Originario della Cina, il susino era diventato un simbolo della bellezza nel periodo Nara (710-794), quando l’ambiente culturale era fortemente influenzato dalla dinastia cinese Tang. Successivamente, nel periodo Heian (794-1185), l’attenzione fu spostata sul ciliegio che fu visto come un autentico emblema della cultura nazionale. Se il ciliegio rappresenta il culmine della primavera, il fiore di susino, spesso nel delicato accoppiamento con l’usignolo uguisu, è tuttavia ancora un commovente simbolo della stagione al suo esordio, quando essa è solo una potenzialità inespressa contenuta in una gemma avvolta da morbida neve. E’ quindi anche un segno di transizione stagionale, emblema di impermanenza e perenne trasformazione, appena percettibile come lo sciogliersi della neve o il levarsi di un’eterea nebbia.

Dunque, negli haiku, quando il kigo, cioè il verso contenente il segno stagionale, menziona il susino si riferisce all’inizio della primavera. Non bisogna confondersi con la tradizione aulica cinese che comprende il susino, insieme al pino e al bambù, fra i “tre amici dell’inverno”. Essi sono infatti tenaci nell’affrontare il gelo e dunque incarnano la virtù confuciana della perseveranza nelle avversità. In tale tradizione il pruno compare anche, con il crisantemo, l’orchidea e il bambù, fra i “quattro gentiluomini”, cioè piante dalle qualità tali da renderle espressione di nobiltà d’animo.

Va aggiunto che, poiché nel calendario tradizionale l’inizio della primavera coincideva con il Capodanno, il susino simboleggiava anche l’avvio di un nuovo anno e per questo era frequentemente raffigurato nei surimono, raffinati biglietti di auguri, con un valore talismanico accresciuto dall’associazione ad altri elementi beneauguranti.

Anche nella cultura giapponese – oltre che, come detto, in quella cinese -, il fiore di susino è considerato un fiore nobile per la sua dignità e grazia nel sopportare il freddo; è perciò anche un simbolo di purezza, forza interiore e buona salute, un preannuncio di prosperità e una protezione contro il male. Poiché segna un nuovo inizio, è emblema di tutte le più tenere novità come la nascita del sentimento amoroso, primavera del cuore. La sua sorprendente fioritura, che con la sua gentilezza sconfigge la durezza dell’inverno, è una rappresentazione della potenza e dell’incanto dell’amore.

Esso era il fiore preferito di Sugawara no Michizane (845-903), poeta, studioso e statista giapponese del periodo Heian che subì un ingiusto esilio dalla corte imperiale. Egli dedicò una poesia all’albero di susino che lasciava a Kyōto chiedendogli di mandargli il suo profumo. L’albero, non riuscendo a staccarsi dal suo padrone, lo avrebbe raggiunto in volo nel luogo del suo esilio. L’intellettuale fu divinizzato, dopo la sua morte, come Tenjin, patrono della cultura e della calligrafia. Oggi molti studenti lo omaggiano nei luoghi di culto a lui dedicati, come i santuari Kameido Tenjin e Yushima Tenjin a Tōkyō o Kitano Tenmangū a Kyōto dove ogni anno si festeggia la fioritura dei pruni. Gli hanami di pruno si tengono ancora oggi in tutto il Giappone, in recinti di templi, parchi e giardini, con picnic, cerimonie del tè, esibizioni di koto e lezioni di haiku che sfidano il gelo.

Se il fragile ed eroico fior di susino è un araldo della primavera, il frutto dell’albero di ume è un messaggero dell’estate. Infatti esso matura nella stagione delle piogge o tsuyu che segna la prima parte dell’estate, tant’è vero che tali precipitazioni sono dette anche “piogge di prugna”. Poiché in molte case giapponesi vi è in giardino una pianta di susino, è d’uso, in questo periodo dell’anno, mettere tali frutti dal sapore aspro sotto sale per ricavarne il condimento umeboshi, oppure preparare con essi un particolare vino detto umeshu. I frutti del susino hanno proprietà medicinali note anche alla medicina cinese.

Oltre che nella poesia e nell’arte, il susino compare anche nella decorazione dei tessuti e delle ceramiche, negli emblemi familiari, nel teatro kabuki e nel teatro nō, a testimonianza del secolare apprezzamento a esso accordato dalla cultura giapponese.

Il susino è, inoltre, un tradizionale simbolo della città di Ōsaka.

L’immagine forse più iconica di questa pianta è raffigurata nella coppia di paraventi a due pannelli intitolata Susino rosso e susino bianco del fondatore della scuola Rinpa Ogata Kōrin (1658-1716), conservata oggi presso il Museum of Art di Tōkyō che ne detiene i diritti di immagine.

Kanō Sanboku, Uccelli e fiori delle quattro stagioni, paravento di destra da una coppia di paraventi a sei pannelli, tardo XVII secolo, The Metropolitan Museum of Art, New York

La delicatezza del paravento di scuola Kanō in commento è data dal contrasto fra la contorta antichità del tronco di un susino e la leggiadria dei minuti fiorellini bianchi e dei volatili appollaiatisi sul legno vetusto. Sono rappresentati sia usignoli, simbolo della primavera, sia cuculi, emblema dell’estate. Uno di essi, protendendosi da un ramo sottile, comunica con un altro più in basso. Sono raffigurate, a sinistra, le iris tipiche dell’estate, come in una fusione fra le due stagioni. Sebbene vi sia, nella rappresentazione dell’albero di susino, la monumentalità tipica dello stile Kanō, vi è un’essenzialità data dalla scelta di colori tenui e dalla presenza del vuoto. Nebbie primaverili avvolgono la parte destra dell’immagine che è ambientata all’esordio della primavera – nel primo mese lunare -, momento del quale la fioritura del susino era un presagio. E’ la rappresentazione floreale dell’impermanenza.

Itō Jakuchū, Fiori di susino bianchi e luna, 1755, The Metropolitan Museum of Art, New York

In questo dipinto del pittore eccentrico Itō Jakuchū (1716-1800) i rami scabri del susino, sui quali il muschio è reso a macchie sfumate con tecnica tarashikomi, si ricoprono, come per miracolo, di una minutissima trama di fiori bianchi dagli stami dorati che con la giovane energia del loro schiudersi ridanno vita all’albero antico. Notevoli sono i brillanti colori e il decorativismo astratto. Il fiore di susino è simbolo di ciò che è puro, come il suo elevarsi alla luna. In un’altra sfumatura di bianco dorato, essa appare come dietro a un velo in una visione di sogno. Secondo il buddhismo, gli esseri viventi possono raggiungere l’illuminazione e i piccoli fiori di susino di fronte alla luna ne sono un emblema.

Nagasawa Rosetsu, Passeri in un susino, 1795-1800, The Metropolitan Museum of Art, New York

Il risveglio primaverile del susino fiorito ha esercitato un irresistibile richiamo su frotte di piccoli passeri che sembrano essersi dati convegno sui suoi rami. Questi ultimi, dal disegno contorto realizzato a inchiostro e dalle estremità pungenti, ingentilite da fiorellini bianchi, si intrecciano con una rosa. Tale fiore, dalle vellutate gradazioni di rosso e dalle foglie verde brillante, contribuisce a dare un tocco di colore all’insieme. Il passero è un animale della tradizione contadina, non aulica e sorprende trovarlo accanto al susino e alla rosa – che è un soggetto raro – su un pregiato dipinto su seta destinato a essere appeso come rotolo verticale per la preghiera. Si tratta di un tocco quotidiano e campestre che conferisce freschezza all’insieme. Gli uccelli sono ritratti in pose lievemente diversificate. Viva è l’impressione che i passeri stiano parlottando fra di loro, ed infatti molti di essi hanno il becco aperto. Sono colte sfumature quasi caratteriali nel comportamento degli animali, ad esempio nell’aggraziato approssimarsi in volo dei tre passeri in alto, quasi fossero in ritardo all’appuntamento arboreo; nella complicità della coppia appollaiata sul ramo a supervisionare l’incontro; nell’atteggiamento querulo e petulante dell’ultimo uccello in basso che, con il becco spalancato, cerca di attirare l’attenzione. Alcuni passeri sembrano guardare lo spettatore, come a voler stabilire un contatto diretto con quest’ultimo.

Sakai Hōitsu, Usignolo dei cespugli (uguisu) in un albero di susino, inizi del XIX secolo, The Metropolitan Museum of Art, New York

Questo rotolo da appendere celebra l’arrivo della primavera con l’abbinamento, classico nella poesia, di un susino bianco in fiore con l’usignolo dei cespugli o uguisu. Il canto soave dell’animale, il dolce profumo dell’albero e la sua bellezza, rappresentano un piacere estetico che avvolge tutti i sensi. Essi, sopiti dall’inverno, si risvegliano ad una nuova nascita. Anche in quest’opera, dove il profilo dell’usignolo è solo delicatamente accennato, i teneri boccioli dischiusi contrastano con il tronco nodoso screziato di muschio, quest’ultimo realizzato con tecnica tarashikomi propria della scuola Rinpa. L’amore è sospeso nell’aria primaverile come un soave canto o un dolcissimo profumo.

 

Suzuki Harunobu, Donna che ammira i fiori di susino nella notte, ca. 1766, The Metropolitan Museum of Art, New York

L’atmosfera di sogno e di mistero di questa stampa notturna di Harunobu è una quintessenza della sensibilità intellettuale e poetica dell’autore. Sebbene si tratti di un bijinga, un’immagine di bellezza femminile, in essa il susino assume una rilevanza da coprotagonista. Il suo ramo, nella parte in alto a destra dell’immagine, esce dalle nubi stilizzate, riferimento all’arte classica. Esso è illuminato da una lampada sorretta da una giovane minuta dall’espressione incantata. In piedi su una veranda ritratta di scorcio, ella indossa un furisode dalle lunghe maniche, simbolo di giovinezza. La morbidezza della sottoveste e dei calzini tabi è resa con la tecnica della goffratura. La fioritura di candide corolle, con la sua delicatezza, appare richiamare l’innocenza della fanciulla. Al tempo stesso, la luce emanata dalla lampada fa risaltare il biancore del volto collegandolo a quello dei fiori e sembra evocare l’illuminazione spirituale. Il susino, che appare come un cenno di tronco contorto tagliato fuori dall’immagine, emerge col suo ramo fiorito come una rivelazione. La novità che la natura continuamente genera fa da contrappunto alla freschezza di spirito della giovane, primavera nella primavera.

Katsushika Hokusai, Fiori di susino e luna, dal libro Monte Fuji in primavera (Haru no Fuji), ca. 1803, The Art Institute of Chicago

L’opera, che proviene da un libro illustrato, è una stampa in colori delicatissimi ed estremamente eleganti per il gioco di tonalità neutre, dal tortora al grigio a varie sfumature di rosa che degradano nel bianco latteo. Nel chiaro di luna si delinea il profilo del ramo sul quale spicca la tenue colorazione dei boccioli dai caratteristici cinque petali, alcuni chiusi, altri semiaperti, altri ancora completamente dischiusi. La forma frastagliata del ramo si contrappone alla perfetta sfericità della luna sottolineata dal chiaroscuro, una novità nell’arte giapponese che non conosceva questa tecnica.

Come si è detto, nella cultura giapponese il fiore del susino è particolarmente amato perché la sua fioritura avviene molto presto, quando ancora la terra è ricoperta di neve. Per il coraggio con cui questo fiore sfida il gelo esso rappresenta la resistenza alle difficoltà della vita o, nella pratica zen, del cammino spirituale. Proprio nello zen il simbolo del cerchio, presente in questa stampa nel contorno dell’astro, è collegato con la luna e, come quest’ultima, rappresenta l’illuminazione.

Al di là del significato simbolico dei soggetti ritratti, anche quest’opera è espressione dell’inclinazione contemplativa dello spirito giapponese rispetto alla natura. In quest’ultima esso scorge multiformi grazie: sono affascinanti la potenza del mare, l’eternità delle montagne, la solennità delle cascate e il siderale chiarore degli astri, ma è incantevole e commovente anche la delicatezza dei fiori con la loro breve vita e il miracolo del loro sbocciare sui rami scabri spogliati dall’inverno.

Vi è dunque una bellezza intesa come maestoso splendore e divina perfezione ed una concepita come levità, fragilità, tenerezza. Esse dialogano fra loro come la luna sembra dialogare con i fiori di susino ed avvolgerli nel suo chiarore mentre essi le si protendono elevando, quasi fosse preghiera, il loro dolce profumo.

Di fronte alla maestosa ed eterna luna l’animo dell’osservatore si volge ai lievi boccioli e con essi alla vita umana, breve e fuggevole come quella dei fiori e nondimeno infusa di un segreto eroismo.

 

Utagawa Hiroshige, Bulbul e susino, ca. 1830, The Museum of Art Rhode Island School of Design, Providence, RI

Nella stampa stile rotolo verticale di Hiroshige il bulbul posa impettito su un ramo di susino angoloso dai fiori sbocciati. La primavera, che esplode nelle gemme dischiuse, è forse guardata dal punto di vista del quartiere dei piaceri di Yoshiwara, come dai versi riportati: “In alcuni luoghi la danza Manzai arriva più tardi con i fiori di susino”. La danza Manzai era tradizionalmente eseguita a Capodanno, ma in alcuni luoghi (forse Yoshiwara) avveniva più tardi, con la fioritura del susino. Quest’ultima dunque evidentemente non coincideva esattamente con il primo giorno del primo mese, ma poteva tardare. In ogni caso, anche gli abitanti di Yoshiwara amavano i fiori di susino e la primavera benediceva anche i luoghi meno considerati con la sua tenerezza.

Utagawa Hiroshige, Uccello dalla lunga coda (probabilmente gallo onagadori) e susino, ca. 1830, The Museum of Art Rhode Island School of Design, Providence, RI

Nella stampa in commento il ramo di susino si snoda, scuro e spigoloso, con i suoi morbidi e candidi fiori che, al loro schiudersi, per contrasto, lo adornano come fiocchi di neve. Su di esso è appollaiato un gallo onagadori dalle piume di un blu cangiante e dalla lunga coda. L’animale ha un atteggiamento sofisticato, quasi ritroso con il capo girato all’indietro. La coda forma una longilinea curva che fende il vuoto nella parte inferiore dell’immagine, riprendendo il sottile e aguzzo ramo di susino. Hiroshige persegue, nelle sue stampe a soggetto fiori e animali, un’eleganza estetizzante. La poesia recita: “Un solitario fiore di susino precoce / E il mondo intero ha la primavera”. Essa descrive il momento in cui, dopo un rigido inverno, il mondo si risveglia con la dolcezza.

Utagawa Hiroshige, Usignolo dei cespugli e susino, ca. 1840, The Art Institute of Chicago

Su un sottile ramo spinoso esplode la primavera con il lieto sbocciare di fiori di susino rosa. Lo snello usignolo uguisu pare protendersi, con le ali semichiuse, la coda tesa e il becco spalancato, ad annunciare al mondo sopito, col suo canto soave, l’avvenuto miracolo. Sullo sfondo vuoto trapassato dal ruvido ramo è tutto un lieve sfarfallio di petali. E’ l’immagine del wabi sabi, bellezza dell’imperfezione, data dal ramo angoloso, e dell’impermanenza, simboleggiata dai fiori.

Ohara Koson, Passeri e susino innevato, 1900-1936, Rijksmuseum, Amsterdam

Poiché il fiore di susino, con la sua fragile bellezza, è simbolo dell’amore, in questa stampa shinhanga esso è accostato con i due passeri che si scambiano dolcezze in volo. La primavera è infatti la stagione dei nuovi inizi, come quello del sentimento amoroso, con la sua aura di speranza che sembra diffondersi allo schiudersi delle rosee gemme. L’immagine è molto tenera e al tempo stesso dinamica grazie all’effetto delle ali che fendono il vuoto in sofisticate evoluzioni. Essa si ispira probabilmente, da un lato, a dipinti di scuola Kanō sullo stesso tema poetico e, dall’altro, alle stampe kachōga di Hokusai con il loro senso del movimento. La raffigurazione della coppia è racchiusa dal susino il cui ramo sottile e lineare, protendendosi verso l’alto, rompe lo spazio vuoto, di un grigio opalescente. Un altro elemento poetico è dato dalla morbida neve che si è posata sul ruvido ramo e il cui candore contrasta sia con il grigio di quest’ultimo sia con il rosa dei fiori. Quando il tenero bocciolo di susino fa eroicamente capolino dalla pura e fredda neve su un rugoso ramo, il sentimento lirico raggiunge il suo culmine.

Utagawa Hiroshige, Giardino dei susini a Kameido, dalla serie Cento famose vedute di Edo, 1857, The Art Institute of Chicago

In molte opere giapponesi, la suggestione è alimentata dal fatto di dover osservare la scena che attrae la curiosità attraverso un ostacolo visivo. Si tratta di un originale tipo di prospettiva. La stampa sopra riportata, sempre di Hiroshige, è in realtà un meishoe, cioè un’immagine di un luogo famoso: il giardino dei susini del santuario Kameido Tenjin di Edo, dove si trovava un albero dalla forma peculiare, detto Garyūbai (“Drago addormentato”). Tuttavia la centralità, nella rappresentazione ravvicinata, dei fiori di susino rende l’opera affine al genere prettamente naturalistico. L’autore, raffigurando in primo piano un tronco dalla forma scabra come ostacolo che impedisce la visuale, ha ritratto non un giardino, ma lo struggente desiderio di entrare in un giardino. Il cielo rosseggiante, reso con la tecnica del bokashi, riprende le gradazioni dei boccioli di susino che sfumano dal rosso nel bianco. L’atmosfera è intrisa di spiritualità, come se la natura fosse un tempio a cielo aperto fatto non di colonne ma di rami fioriti che dei visitatori contemplano estasiati. Il grigio tronco dà il senso di un’esclusione dalla realtà che genera nostalgia. Non è casuale che l’opera abbia ispirato van Gogh che, nel 1887, ne realizzò una copia, riportata di seguito.

Vincent van Gogh, Frutteto di susini in fiore (da Hiroshige), 1887, Van Gogh Museum, Amsterdam (Vincent van Gogh Foundation)

Il dipinto evidenzia la volontà, da parte dell’artista, di studiare, riproducendole, le novità di prospettiva, rappresentazione dello spazio e uso del colore che lo colpivano nell’arte giapponese e che utilizzerà in maniera più libera e personale nelle altre sue opere.

Le traduzioni in italiano dei versi citati, tratti dai siti dei musei, sono opera dell’autrice.

Per coloro che fossero interessati ad approfondimenti sull’arte giapponese, si segnalano:

Maria Teresa Lattarulo, L’arte figurativa giapponese. Fiori, bellezze, visioni. 1400-2000, Progedit, Bari 2021, acquistabile sul sito https://www.progedit.com/pro…/larte-figurativa-giapponese/ );

Maria Teresa Lattarulo, Luoghi famosi del Giappone. Viaggio attraverso l’arte, Progedit, Bari, 2023, acquistabile su https://www.progedit.com/prodotto/luoghi-famosi-del-giappone/ 

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