La donna nella stampa che ammiriamo ha cercato la solitudine della sua veranda per leggere una lettera che evidentemente è di contenuto riservato. Alcuni particolari ci dicono che è giovane e che non è sposata: infatti indossa il furisode, cioè il kimono dalle lunghe maniche che era indossato solo dalle ragazze più giovani; inoltre sul volto sono disegnate le sopracciglia che le donne sposate eliminavano. Alla sua figura solitaria e flessuosa fa da contrappunto la sagoma del pino alla sua sinistra, mentre il ramo di acero dalle foglie rosseggianti è un riferimento stagionale che indica che ci troviamo in autunno. Poiché il pino, essendo un sempreverde, è simbolo di longevità e buona fortuna, possiamo immaginare che il contenuto della lettera sia positivo e che essa rechi buone notizie.
L’autore rappresenta la figura femminile come esile e flessuosa, quasi da adolescente: essa risponde al canone estetico di “ike” che predilige alla rappresentazione di una corporeità formosa, matronale una bellezza longilinea, spiritualizzata. Poiché ike è anche eleganza della semplicità, i colori sono ridotti a poche tonalità essenziali. Tutta la scena esprime intimità e ricerca della solitudine.
Simile in questo è il dipinto di Vermeer, il cui tono intimista è sottolineato dall’ambientazione della scena in un interno domestico dall’atmosfera luminosa e ovattata. Non conosciamo il contenuto della lettera, ma la presenza di una carta geografica e di una sedia vuota fa pensare che essa rechi notizie di qualcuno assente e lontano. Tutto si gioca sull’effetto della luce proveniente dalla finestra che, creando un gioco di ombre, plasma e definisce i volumi. Anche in questo dipinto, come nell’opera giapponese, i colori sono essenziali, imperniati sulle tonalità dell’azzurro e dell’ocra ed anche i riflessi sul muro riprendono i toni azzurrini dell’abito.
La principale differenza stilistica fra le due opere consiste nel fatto che l’opera giapponese prescinde volutamente dagli effetti di luce e ombra e dalla plastica volumetrica per ridurre tutto all’essenzialità della linea. La forma è ridotta a segno grafico, un ovale per il viso e una curva elegante per il corpo: dunque nella rappresentazione della figura umana non vi è imitazione della natura, ma astrazione.
Suzuki Harunobu (1725 ? – 1770) è stato uno dei più grandi interpreti dell’ukiyo-e. Alcuni studiosi sostengono che fosse originario di Kyoto, forse allievo di Nishikawa Sukenobu o comunque influenzato da quest’ultimo, altri di Edo. E’ ricordato per essere stato uno dei primi autori ad aver utilizzato la stampa policroma (le nishiki-e o “immagini di broccato”) che aveva superato le precedenti realizzazioni a soli due o tre colori. Si conosce molto poco della sua biografia, ma dai riferimenti letterari contenuti in molte sue opere si ritiene che provenisse da un ambiente colto e frequentasse circoli di intellettuali. Il suo stile è sofisticato ed elegante e i suoi soggetti prediletti cortigiane e giovani amanti, ma anche scene di vita quotidiana. Secondo alcuni autori è stato il primo a rappresentare scene con la neve e notturne.
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