Donne che leggono una lettera

Suzuki Harunobu, Giovane donna che legge una lettera alla luce di una lanterna, Museum of Fine Arts Boston, circa 1767–68
Suzuki Harunobu, Giovane donna che legge una lettera alla luce di una lanterna, Museum of Fine Arts Boston, circa 1767–68

La donna nella stampa che ammiriamo ha cercato la solitudine della sua veranda per leggere una lettera che evidentemente è di contenuto riservato. Alcuni particolari ci dicono che è giovane e che non è sposata: infatti indossa il furisode, cioè il kimono dalle lunghe maniche che era indossato solo dalle ragazze più giovani; inoltre sul volto sono disegnate le sopracciglia che le donne sposate eliminavano. Alla sua figura solitaria e flessuosa fa da contrappunto la sagoma del pino alla sua sinistra, mentre il ramo di acero dalle foglie rosseggianti è un riferimento stagionale che indica che ci troviamo in autunno. Poiché il pino, essendo un sempreverde, è simbolo di longevità e buona fortuna, possiamo immaginare che il contenuto della lettera sia positivo e che essa rechi buone notizie.

L’autore rappresenta la figura femminile come esile e flessuosa, quasi da adolescente: essa risponde al canone estetico di “ike” che predilige alla rappresentazione di una corporeità formosa, matronale una bellezza longilinea, spiritualizzata. Poiché ike è anche eleganza della semplicità, i colori sono ridotti a poche tonalità essenziali. Tutta la scena esprime intimità e ricerca della solitudine.

Johannes Vermeer, Donna in azzurro che legge una lettera, Rijksmuseum Amsterdam, 1662-1663 circa
Johannes Vermeer, Donna in azzurro che legge una lettera, Rijksmuseum Amsterdam, 1662-1663 circa

Simile in questo è il dipinto di Vermeer, il cui tono intimista è sottolineato dall’ambientazione della scena in un interno domestico dall’atmosfera luminosa e ovattata. Non conosciamo il contenuto della lettera, ma la presenza di una carta geografica e di una sedia vuota fa pensare che essa rechi notizie di qualcuno assente e lontano. Tutto si gioca sull’effetto della luce proveniente dalla finestra che, creando un gioco di ombre, plasma e definisce i volumi. Anche in questo dipinto, come nell’opera giapponese, i colori sono essenziali, imperniati sulle tonalità dell’azzurro e dell’ocra ed anche i riflessi sul muro riprendono i toni azzurrini dell’abito.

La principale differenza stilistica fra le due opere consiste nel fatto che l’opera giapponese prescinde volutamente dagli effetti di luce e ombra e dalla plastica volumetrica per ridurre tutto all’essenzialità della linea. La forma è ridotta a segno grafico, un ovale per il viso e una curva elegante per il corpo: dunque nella rappresentazione della figura umana non vi è imitazione della natura, ma astrazione.

Suzuki Harunobu (1725 ? – 1770) è stato uno dei più grandi interpreti dell’ukiyo-e. Alcuni studiosi sostengono che fosse originario di Kyoto, forse allievo di Nishikawa Sukenobu o comunque influenzato da quest’ultimo, altri di Edo. E’ ricordato per essere stato uno dei primi autori ad aver utilizzato la stampa policroma (le nishiki-e o “immagini di broccato”) che aveva superato le precedenti realizzazioni a soli due o tre colori. Si conosce molto poco della sua biografia, ma dai riferimenti letterari contenuti in molte sue opere si ritiene che provenisse da un ambiente colto e frequentasse circoli di intellettuali. Il suo stile è sofisticato ed elegante e i suoi soggetti prediletti cortigiane e giovani amanti, ma anche scene di vita quotidiana. Secondo alcuni autori è stato il primo a rappresentare scene con la neve e notturne.

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