Storia e significati dell’hanami

Il ciliegio, o sakura, ha un’importanza centrale nella cultura giapponese anche per ragioni storiche che andiamo a ricostruire.

Un tempo in Giappone il simbolo della primavera erano i fiori di pruno che sbocciano in inverno quando ancora la terra è coperta di neve: essi rappresentavano il coraggio nel resistere al freddo e alle intemperie, ma anche la delicatezza e la fragilità. La centralità del pruno caratterizzò il periodo Nara (710-794), quando forte era l’influenza della cultura cinese della dinastia Tang. Le cose cambiarono nel periodo Heian (794-1185) con l’interruzione dei rapporti con la Cina e la concentrazione della cultura su ciò che era prettamente giapponese.

hanami

Kawase Hasui, Pomeriggio primaverile presso il ponte Kintai, 1947 

Poiché il ciliegio era strettamente connesso con i riti agricoli legati alla coltivazione del riso, dato che la sua fioritura coincide con il periodo della semina di questo cereale così importante per l’alimentazione del popolo giapponese, esso diventò l’emblema del risveglio primaverile. I contadini credevano infatti che attraverso il ciliegio, che anticamente cresceva solo sui monti, le divinità montane si trasformassero nei kami del riso ed era proprio la caduta dei petali sul terreno che determinava questa metamorfosi. Era diffuso il costume di prevedere, dall’aspetto dei ciliegi e della loro fioritura, l’andamento del raccolto del riso e di propiziare quest’ultimo con offerte di cibo e sakè poste sotto gli alberi fioriti. La stessa parola sakura deriverebbe, secondo alcuni, dal termine kura che indica i magazzini dove è conservato il riso. Altri invece ne evidenziano la radice saku connessa al verbo fiorire.

Kitagawa Utamaro, Hanami, 1793

Nonostante l’origine agricola della venerazione dei ciliegi, l’uso di godere del piacere estetico della fioritura dei ciliegi componendo poesie, ascoltando musica e bevendo sakè caratterizzò l’ambiente aristocratico della corte imperiale, in un periodo, come quello Heian, in cui l’arte era la vita e la vita era arte. Il primo hanami fu istituito dall’imperatore Saga (786–842) dopo aver fatto estirpare dal giardino del palazzo imperiale il pruno che vi cresceva, sostituendolo con un ciliegio. La stessa parola hanami, termine composto che significa, letteralmente, “guardare (mi) i fiori (hana)”, comparve per la prima volta nel Genji Monogatari (XI sec.), scritto dalla dama di Corte Murasaki Shikibu. A partire dal periodo Heian, inoltre, la parola hana, che in poesia, ad esempio nel Man’yōshū (seconda metà dell’VIII sec.), aveva designato prevalentemente i fiori di pruno, iniziò a essere riferita al ciliegio che divenne, dunque, il fiore per eccellenza.

Yōshū (Hashimoto) Chikanobu, Contemplazione dei ciliegi, dalla serie Il quartiere delle donne del castello di Chiyoda, 1894

L’uso di contemplare i ciliegi fioriti in primavera si diffuse, in seguito, soprattutto fra i samurai che fecero di questo fiore, di breve durata, il simbolo del carattere aleatorio ed effimero della loro esistenza esposta al pericolo. Essi ritenevano che il colore rosa dei fiori indicasse il sangue versato dai samurai durante i combattimenti. Infine, il ciliegio compendiava le virtù che il samurai doveva coltivare, cioè semplicità, purezza, delicatezza con i deboli e disposizione a lasciarsi andare al momento opportuno, cioè a morire con coraggio e dignità (bushidō).

Reiji Hiramatsu, Prayer of Japan, Ciliegi, 2012, Yugawara Art Museum

Fu nel periodo Edo (1615-1868), epoca di democratizzazione dell’arte e della vita, che si affermò l’hanami così come lo conosciamo oggi, quale rito collettivo cittadino di ammirare i sakura fra cibo, musica e danze, grazie anche al fatto che lo shōgun Tokugawa Yoshimune (1684-1751), come segno di benevolenza nei confronti della popolazione, fece piantare alberi di ciliegio in tutta Edo, creando macchie scenografiche che tutt’ora, in primavera, colorano di rosa il grigio della città.

Tsuchiya Kōitsu, Il parco di Ueno, 1939 

L’importanza dei ciliegi è dovuta anche al significato religioso da essi assunto. I cinque petali del fiore di ciliegio simboleggiano infatti i “cinque orienti” del buddismo esoterico (nord, sud, est, ovest e centro), nonché i cinque elementi (terra, acqua, aria, fuoco e vuoto).

Ma è soprattutto il significato poetico dei fiori di ciliegio ad affascinare. Essi infatti fioriscono all’improvviso, restano attaccati ai rami per pochi giorni e poi pian piano sfioriscono in una nuvola di petali che il vento porta via. I giapponesi sono affascinati da questo fenomeno e si fermano ore intere, in primavera, a contemplarlo, seduti sui prati, perché dà loro il senso del mono-no-aware, cioè quella dolce malinconia legata al fuggevole trascorrere del tempo e delle cose. E’ come se imprimessero nella loro mente l’indimenticabile momento di splendida fioritura, per poterlo ricordare quando i petali saranno volati via.

 

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