Immagini del Fuji nell’arte giapponese

Il Fuji è un vulcano sacro spesso raffigurato nell’arte giapponese (per un approfondimento dei motivi ricorrenti nell’arte giapponese, vMaria Teresa Lattarulo, L’arte figurativa giapponese. Fiori, bellezze, visioni. 1400-2000, Progedit, 2021https://www.progedit.com/pro…/larte-figurativa-giapponese/)

Dalle viscere della terra, il misterioso cono dalla forma quasi perfetta si congiunge con il cielo e, come tutto ciò che incute timore e meraviglia, è considerato una divinità (kami). Secondo una leggenda, esso esisterebbe da sempre, da quando cioè cielo e terra sarebbero stati separati: ed in effetti sembra che il Fuji, con la sua cima protesa verso il cielo, sia rimasto non del tutto disgiunto da esso.

L’unione fra la sfera terrestre e quella celeste è rappresentata, in questa stampa ukiyoe della celebre serie Trentasei vedute del monte Fuji di Katsushika Hokusai (1760-1849), mediante i colori rosso e blu. Essi, resi ancor più brillanti dalla campitura piatta e dall’uso di contorni netti, secondo lo stile yamatoe, creano un contrasto caldo-freddo vivido ed evocativo. Le forme sono astratte ed essenziali; gli unici dettagli sono la vegetazione sulle pendici e le venature sulla cima, screziate di nevi perenni. La stagione nella quale il Fuji è qui rappresentato è la fine dell’estate: sembra di percepire il vento che spazza le nubi leggere, rendendo chiara e nitida l’immagine maestosa della montagna sacra. Dall’intero scenario promana il senso di una primitiva e mistica bellezza.

Katsushika Hokusai, Vento del sud, cielo chiaro (Fuji rosso), dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji, ca. 1830-32, The Metropolitan Museum of Art

Il Fuji era considerato beneaugurale ed era spesso rappresentato insieme ad altri motivi di buon auspicio. Uno di essi erano le onde che in questa stampa, a differenza della più famosa Sotto l’onda al largo di Kanagawa (La grande onda), facente parte della stessa serie, sono placide e benigne. Pur essendoci un senso di profondità nella rappresentazione dello spazio, la prospettiva non è quella geometrica occidentale: infatti il senso della distanza è dato, come nella prospettiva cinese, da un decrescere delle dimensioni degli oggetti posti su piani paralleli, dalla barca in primo piano al Fuji sullo sfondo. Le prue delle barche che fluttuano sulla corrente sono divergenti, anziché convergere verso un punto di fuga. Ricorre il motivo del vulcano innevato che, con il suo sereno splendore, sembra vegliare sulle umili attività umane.

Katsushika Hokusai, Baia di Tago vicino a Ejiri sul Tōkaidō, dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji, ca. 1830-32, The Metropolitan Museum of Art

Un altro motivo beneaugurale erano le gru, uccelli molto longevi che si diceva potessero vivere fino a mille anni. Esse, dunque, ben si adattano all’accostamento con il monte Fuji che è simbolo di eternità. Lo scenario è paradisiaco, con il ruscello, la vegetazione e le nuvole che avvolgono la montagna sullo sfondo. I toni sono quelli tenui e freddi delle luci dell’alba, dal verde al blu al bianco della cima. I due volatili in viaggio fra le nubi richiamano una leggenda su una montagna sacra cinese così ripida da poter essere raggiunta solo a dorso di una gru.

Katsushika Hokusai, Feudo Umezawa nella provincia Sagami, dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji, ca. 1830-32, The Metropolitan Museum of Art

La stampa in esame è un esempio di come gli artisti dell’ukiyoe abbiano fatto un uso molto libero della prospettiva occidentale. In essa, infatti, si coniugano la prospettiva a volo d’uccello nella visione della strada cittadina e dal basso nella rappresentazione del monte Fuji, mediate dal vuoto raffigurato dalle nubi. Dunque lo sguardo, che sarebbe portato, secondo la prospettiva occidentale, a spostarsi verso il punto di fuga formato dalle rette convergenti e lì fermarsi, è invece condotto, attraverso le nuvole che avvolgono le pendici del monte, a compiere un movimento verso l’alto che lo sospinge sulla vetta, dalla sfera dell’umano a quella del divino. Gli uomini, con le loro semplici occupazioni quotidiane, appaiono minuti di fronte alla montagna sacra che li sovrasta, maestosa e benevola al tempo stesso. La vita della città è un caleidoscopio che cambia continuamente, mentre il Fuji resta immutabile nel suo splendore solitario.

Utagawa Hiroshige, Surugachō, dalla serie Cento famose vedute di Edo, 1856, Brooklyn Museum

Un motivo ricorrente è rappresentato anche dal Fuji che si specchia nelle acque di un lago. La stampa di seguito riportata è insolita perché il riflesso sulla superficie mostra la montagna in un’altra stagione.

Katsushika Hokusai, Riflesso nel lago a Misaka nella provincia di Kai, dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji, ca. 1830-32, The Metropolitan Museum of Art

Nel seguente paesaggio shinhanga i ciliegi, di un tenero rosa, incorniciano un monte Fuji ancora coperto di neve. Esso si riflette sereno nelle placide acque del lago Kawaguchi, confondendosi con l’azzurro del cielo. L’inizio della primavera è colto, in questa stampa, con le delicate emozioni che tale fuggevole momento trasmette, di nostalgia per ciò che è effimero, come i petali di ciliegio, a confronto con ciò che è eterno, come il monte Fuji.

 

Okada Koichi, Monte Fuji, dalla serie Dodici vedute del Giappone, ca. 1950

Per un approfondimento dei motivi ricorrenti nell’arte giapponese, v. Maria Teresa Lattarulo, L’arte figurativa giapponese. Fiori, bellezze, visioni. 1400-2000, Progedit, 2021,

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