Le stampe creative: Sōsaku-hanga

Il Sōsaku-hanga come espressione artistica dell’io

Allo Shin-hanga fece da contraltare il movimento del Sōsaku-hanga (“stampe creative”). La contrapposizione fra Shin-hanga e Sōsaku-hanga, come quella fra Nihonga e Yōga, è espressione delle tensioni createsi all’interno del panorama artistico giapponese all’indomani dell’occidentalizzazione.

Tomikichiro Tokurichi, Ohmi Katata Ukimido Temple

Il Sōsaku-hanga non nasce dall’iniziativa di un editore, ma dagli stessi artisti: la prima stampa considerata il manifesto di tale corrente è il Pescatore di Kanae Yamamoto (1882–1946), pubblicato sulla rivista Stella del Mattino nel 1904. L’idea centrale di tale movimento, desunta dal confronto con l’arte occidentale, è che l’oggetto artistico non possa definirsi personale, individuale, creativo se non provenga da uno stesso artista. Dunque, perché fosse autentica espressione dell’io, l’opera doveva essere “auto-disegnata” (jiga), “auto-incisa” (jikoku) e “auto-stampata” (jizuri). L’artista doveva esserne dunque il solo creatore.

The Fisherman by Yamamoto Kanae (1904)

Si trattava insomma di un dibattito filosofico su cosa dovesse considerarsi come “opera d’arte”, influenzato da due scritti che incoraggiavano la libertà dell’arte e l’espressione artistica dell’io: “Un sole verde” di Kōtarō Takamura (1883–1956) del 1910 e “Bunten e le arti creative” di Natsume Sōseki (1867–1916) del 1912. Nel primo, ad esempio, si sosteneva che se alcuni artisti avessero voluto dipingere un sole verde avrebbero dovuto farlo.

Dal punto di vista degli esponenti del nuovo movimento, lo Shin-hanga era visto come un’arte commerciale, promossa da un uomo d’affari come Shōzaburō per soddisfare i gusti del mercato occidentale e priva di originalità, libertà e tocco personale. Per difendersi dall’accusa di scarsa creatività, Watanabe Shōzaburō dovette sottolineare la qualità innovativa delle stampe Shin-hanga per le quali coniò il termine di “Shinsaku-hanga”, ossia “nuove stampe creative”.

In realtà, come si è talora considerato, l’idea occidentale di “creatività” era stata in parte travisata o comunque esagerata: sebbene infatti l’arte occidentale dia grande rilievo all’individualità dell’artista, non è infrequente che le opere d’arte provengano da una bottega e che il contributo del singolo artista al quale sono attribuite sia minimo. Inoltre gli artisti Sōsaku-hanga erano spesso poco ferrati nelle complesse tecniche di incisione e stampa e ciò determina l’aspetto elementare, naif, quasi grezzo di certe stampe che però è ugualmente ricercato dai collezionisti come una caratteristica.

Caratteri e sviluppo del Sōsaku-hanga

Come lo Shin-hanga, anche il Sōsaku-hanga elimina la linea di contorno tipica dell’ukiyo-e. I soggetti del Sōsaku-hanga, tuttavia, si discostano da quelli tipici della tradizione giapponese e sono i più vari ed eclettici, dovendo essere l’espressione spiccata dell’individualità dell’artista. Infine, se lo Shin-hanga guarda all’Impressionismo, il Sōsaku-hanga è influenzato dagli espressionisti tedeschi e dall’arte astratta e guarda a tutti i movimenti di avanguardia dell’arte occidentale.

Masao Maeda, Mount Komagatake

Tali correnti avevano influenzato gli esponenti del Sōsaku-hanga in seguito alle loro frequentazioni delle accademie d’arte di Parigi, Roma e Berlino: nell’ambito della politica culturale di occidentalizzazione, alla fine del XIX secolo, il governo giapponese inviava all’estero i propri studenti affinchè apprendessero l’ingegneria, il diritto, le scienze militari e l’arte occidentali. Altre fonti di informazione e influenza sui movimenti artistici europei furono riviste d’arte come la tedesca Jugend e la giapponese Hōsun.

Il Sōsaku-hanga, agli inizi, stentò ad avere successo, sia per la vocazione espressamente non commerciale di tale corrente, sia per le stesse ragioni che avevano determinato la diffidenza in patria per lo Shin-hanga. Era quasi impossibile che gli artisti potessero vivere dei proventi della loro arte e dunque spesso la affiancavano ad una professione comune, come Sumio Kawakami (1895-1972) che faceva l’insegnante d’inglese.

Il movimento, supportato, nel corso della sua vita, dall’attività di riviste d’arte e associazioni fondate dagli stessi membri, conobbe un’affermazione nello scenario artistico internazionale solo dopo la seconda guerra mondiale. Durante l’occupazione americana del Giappone, infatti, le “stampe creative” furono scoperte dal collezionista e studioso di arte giapponese statunitense Oliver Statler (autore di Modern Japanese Prints: An Art Reborn del 1959). Si può dire che il mercato delle stampe abbia contribuito alla ricostruzione dell’economia giapponese nel dopoguerra: l’attenzione dei collezionisti statunitensi si spostò tuttavia dallo Shin-hanga al Sōsaku-hanga che in quel momento guardava all’astrattismo.

Maki Haku, Work 73-18 (1973)

Decisiva per la reviviscenza dell’interesse occidentale alle stampe giapponesi nel dopoguerra fu l’attività di Ichimokukai – la società del primo giovedì, fondata nel 1939 da un gruppo di artisti che si riunivano ogni mese a casa di Kōshirō Onchi (1891–1955) a Tokyo. Dopo la guerra gli esperti di arte giapponese americani Ernst Hacker, William Hartnett e Oliver Statler si unirono a questi incontri. Importanti per la fortuna del movimento furono anche le esposizioni all’estero, quali la Biennale d’arte di San Paolo del 1951 nella quale si affermarono Kiyoshi Saitō (1907–1997) e Tetsuro Komai (1920-1976). Altri esponenti del Sōsaku-hanga sono Un’ichi Hiratsuka (1895–1997), Sadao Watanabe (1913–1996) e Maki Haku (1924–2000).

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