La luna e l’arte giapponese

Ogata Gekkō, Luna piena e fiori autunnali presso un ruscello, c.1895

La luna è una grande protagonista dell’immaginario giapponese. Nel buddismo zen, essa rappresenta l’illuminazione. Non a caso, il simbolo dell’illuminazione è un cerchio che rimanda alla forma della luna. Sempre una leggenda buddista spiega in che modo si sia formata, sulla luna, l’immagine di un coniglio. Infatti, se si guarda la Luna dai Paesi asiatici si avrà l’impressione di vedervi un coniglio che pesta qualcosa in un mortaio. Secondo la leggenda, nel giorno sacro buddista di Uposatha, nel quale ci si dedica alla carità e alla meditazione, una scimmia, una lontra, uno sciacallo e un coniglio si imbatterono in un anziano viandante sfinito dalla fame. Per adempiere all’impegno di compiere un’opera buona, fecero a gara a chi fosse capace di procurargli del cibo. La scimmia si arrampicò sugli alberi e gli portò della frutta; la lontra si tuffò nel fiume e pescò del pesce; lo sciacallo rubò il cibo dalle case. Il coniglio non seppe far altro che portargli dell’erba. Deluso di non poter fare di più, si buttò nel fuoco per offrire le sue carni al viandante. Quest’ultimo che, in realtà, era una divinità, colpito dall’eroico sacrificio del coniglio, disegnò la sua immagine sulla luna affinché tutti potessero ricordarlo. Il coniglio lunare è un simbolo che ricorre in molte culture asiatiche: in Cina, egli ha il compito di pestare nel suo mortaio, per conto della divinità lunare Chang’e, le erbe dell’immortalità.

Nello shintoismo la divinità della luna è Tsukuyomi il cui nome deriverebbe dalla combinazione delle parole “luna, mese” (tsuki) e “leggere, contare” (yomu). Secondo un’altra lettura, esso deriverebbe dall’unione dell’espressione “notte illuminata dalla luna” (Tsukiyo) e del verbo “guardare” (miru). Tsukuyomi è una divinità legata alla luce: infatti, secondo la leggenda, sarebbe nato da un occhio della divinità Izanagi o da un suo specchio.

In autunno si festeggia lo Tsukimi, cioè la contemplazione della luna autunnale. E’ una festività agricola in cui alla luna sono offerti dolcetti di riso a forma di luna piena e una graminacea che somiglia al riso, per propiziare il raccolto. Nel periodo Heian (794-1185), durante lo Tsukimi i componenti della corte guardavano la luna componendo musica e scrivendo poesie. L’autunno, infatti, quando l’aria è tersa e limpida, secondo i giapponesi è il periodo migliore per ammirare la luna.

Utagawa Hiroshige, La luna su una cascata (Hakoshi no tsuki), dalla serie Ventotto vedute della luna (Tsuki nijūhakkei no uchi), 1832 circa, Honolulu Museum of Art

La domanda che ci poniamo di fronte a quest’opera ukiyo-e di Hiroshige è come sia possibile che una stampa su matrici di legno renda così magistralmente la luce della luna. La tonda superficie luminosa contrasta con l’opacità dello sfondo, dove il blu degrada nel grigio con un effetto bokashi, sfumatura cromatica che dà un’impressione di tridimensionalità e dunque di spazialità: ciò rende la profondità del cielo autunnale. Tutto riluce del chiarore lunare: l’acqua della cascata che scorre veloce, come il tempo e le rosseggianti foglie d’acero che si staccano dal ramo, a simboleggiare l’impermanenza buddista. L’opera è pervasa da un senso di mistica contemplazione e, al tempo stesso, quasi di ribellione rispetto all’idea del fluire del tempo e dell’inevitabile caducità di tutte le cose. Questi sentimenti sono espressi dai versi del poeta cinese Bai Juyi (772-846), iscritti sul bordo della stampa, che recitano: “Non sopporto che le foglie d’autunno / cadano sul verde muschio / né che il gelido vento di sera / avvolga il cielo” (traduzione T. Lippiello).

Utagawa Hiroshige, Conigli nella luce della luna, 1847-52, Museum of Fine Arts, Boston

Sempre di Hiroshige è la stampa “Conigli nella luce della luna”. La luna è ritratta tagliata, affinché chi guarda possa completare la forma dell’astro nella sua immaginazione. I conigli rimandano alla leggenda buddista del coniglio lunare. L’erba delle Pampas rientra nel novero delle erbe autunnali: sboccia infatti in autunno-inverno ed è citata spesso nel Man’yoshu, la prima raccolta di versi del Giappone. Il suolo è infatti innevato: la neve, nello zen, rappresenta il vuoto e Hiroshige è il maestro della pioggia e della neve. L’azzurro carta da zucchero del cielo è l’unico colore di questa stampa la cui bellezza è tutta fondata sull’eleganza grafica della linea.

Reiji Hiramatsu

Le erbe d’autunno sono richiamate anche in quest’opera dell’artista Nihonga Reiji Hiramatsu nella quale il pallore del cerchio lunare contrasta con il vivido azzurro dello sfondo. Anche quest’opera è fondata sull’eleganza del segno grafico e sull’essenzialità del cromatismo.

Kaii Higashiyama, Moon Reflection

Sulle sponde di un lago è  ambientato il dipinto dell’autore Nihonga Kaii Higashiyama Moon Reflection: qui tonalità di azzurro e di verde brillanti rendono l’effetto di un chiarore lunare quasi vivido. La luna non è ritratta, ma evocata dal suo riflesso: l’assenza dell’oggetto rafforza la suggestione da esso esercitata. Nello shintoismo ogni cosa è specchio di tutte le altre: dunque il lago specchiante è luna e la luna è lago di luce.

Tutta la poetica delle ultime due opere è fondata sulla peculiare tecnica del Nihonga, a sua volta ispirata all’arte Rinpa: essa consiste nel frantumare i pigmenti in frammenti di grandezze diverse, in modo da creare effetti di profondità e chiaroscuro. Dunque tali effetti non sono dati dalla diluizione del colore, ma dalla grandezza dei frammenti. Le atmosfere di sogno dei quadri Nihonga, con le loro tenui gradazioni di colore e la loro eterea bellezza, la loro luce ora soffusa ora vivida, devono molto all’uso dei pigmenti nella secolare tradizione giapponese.

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