Fuochi d’artificio e arte giapponese

 

Per rendere spettacolari le feste d’estate si usano, in molti luoghi del mondo, i fuochi d’artificio che rendono il cielo notturno un’esplosione di luci e di colori. I “fiori di fuoco” (hanabi), come li chiamano i giapponesi, derivano dalla Cina, dove è stata inventata la polvere da sparo, ma in Giappone hanno assunto un significato tutto peculiare legato alla sensibilità giapponese per la natura e per la transitorietà delle cose (mono-no-aware). Come i fiori, infatti, i fuochi d’artificio sono caratterizzati da una bellezza fugace. Essi ci ricordano di apprezzare fino in fondo le gioie vere. E’ un po’ lo spirito dell’ukiyo-e: non fuggire le cose del mondo, ma immergersi in esse e goderne. Ciò perché la stessa vita è breve: come nella stampa di Hiroshige “Ryōgoku Hanabi”, facente parte della serie Cento famose vedute di Edo, essa è concepita come un fuoco d’artificio che è lanciato fino in cielo, lì raggiunge il suo apice e poi declina. Inevitabile è il raffronto con il “carpe diem” oraziano che però non è da intendersi come invito alla ricerca del piacere, ma ad apprezzare ciò che si ha.

Hiroshige, Fuochi d’artificio a Ryôgoku (Ryôgoku hanabi), dalla serie Cento famose vedute di Edo, 1858

La stampa rappresenta i festeggiamenti sul fiume Sumidagawa, in prossimità del ponte Ryōgoku a Edo, che si svolgevano dal ventottesimo giorno del quinto mese (apertura della stagione estiva) fino all’inizio dell’autunno. Sotto il manto della notte, di un blu profondo, le acque del fiume sono rischiarate dai bagliori di luce. I fuochi d’artificio si potevano ammirare sia dalle terrazze dei ristoranti, sia dalle barche sul fiume, godendo altresì del fresco della sera. Le barche raffigurate da Hiroshige, illuminate da lanterne, con le loro feste e divertimenti sono il simbolo del mondo fluttuante, un mondo di godimenti sospesi sulla corrente, fra cielo e fiume, fra la vita e la morte. Il razzo luminoso proiettato nella notte, nella sua unicità, evoca la malinconia di una vita solitaria. Anche la rappresentazione degli spettatori radunatisi sul ponte, dai mille volti senza identità, esprime un senso di solitudine nell’anonimato. Il legno della matrice è stato levigato per conferire un effetto sfumato all’esplosione di stelle luminose nel cielo.

               Kobayashi Kiyochika, Fireworks at Ike-no-hata

L’arte dei fuochi d’artificio si affermò nel periodo Edo (1615-1868) nel quale il Giappone beneficiò di un lungo periodo di pace. I primi fuochi d’artificio furono autorizzati dallo shogun per festeggiare la fine di una carestia e pregare gli dei dell’acqua che non vi fosse diffusione di malattie (Edo, l’attuale Tokyo, sorgeva su molti fiumi e paludi). I ristoranti fecero a gara a chi lanciava i fuochi d’artificio più belli. Si instaurò anche una competizione fra due case produttrici, Tamaya e Kagiya, nell’inventare fuochi d’artificio sempre nuovi e sorprendenti. Ad esempio i giapponesi hanno inventato i caratteristici fuochi d’artificio a forma di peonia e di crisantemo che sembra sboccino, con i loro brillanti colori, nel velluto del cielo.

Gli spettacoli pirotecnici in Giappone si svolgono anche oggi ogni anno fra luglio e agosto. Gli spettatori affollano parchi, giardini, strade e consumano prelibatezze (pasta fritta, spiedini di pollo e palline grigliate di polpo), vestiti dei loro kimono leggeri e usando i tradizionali ventagli. Dei circa settemila spettacoli, i più noti sono quelli di Sumidagawa a Tokyo e quelli di Miyajima nella provincia di Hiroshima.

Le immagini di fuochi d’artificio più belle sono quelle dell’ukiyo-e nelle quali spesso si vede uno spettatore che guarda rapito un fuoco d’artificio, da una barca, da un ponte o dalla sponda di un fiume. Ci si immedesima in quello spettatore e sembra di provare la sua stessa, ineffabile commozione.

 Takahashi Hiroaki (Shôtei), Il pino della fortuna sul fiume Sumida , 1936

Copyright © arteingiappone – Riproduzione riservata

Per un approfondimento sui fuochi d’artificio nell’arte giapponese vedi: D. Liu-Brennan-M. Bryce, Japanese Fireworks (Hanabi): The Ephemeral Nature and Symbolism, in The International Journal Of The Arts In Society, vol. 4, n. 5, 2010, http://www.arts-journal.com.